29/03/18

Attenti a quei due!


Se vi trovate a passeggiare per il centro antico di Napoli, volgete lo sguardo verso la chiesa di Santa Maria Ogni Bene dei Sette Dolori (sec. XV), alla sommità di Spaccanapoli. Ebbene, quel tratto di strada antistante, che scende ripidamente ad innestarsi con l’antico decumano di Neapolis, è intitolato a Pasquale Scura, il quale vi abitava all’attuale civico 26/E: qui un’epigrafe, posta al tempo dei Savoia, ridondantemente lo ricorda.
Costui era un alto magistrato del Regno delle Due Sicilie il quale, al culmine della personale carriera e dopo avventure e disavventure, sputò nel piatto in cui aveva mangiato e finì alla corte di Garibaldi. Ebbene, fu lui, in quanto Ministro di Grazia e Giustizia del Dittatore, a ideare il quesito del plebiscito farsa che si tenne il 21 ottobre 1860: “Volete l’Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale?”. Un plebiscito col trucco, perché il voto non era segreto e perché a sorvegliare le operazioni c’erano delinquenti promossi "guardia civile" al soldo degli invasori. E fu sempre Pasquale Scura a redigere, poi, il verbale del risultato ampiamente pilotato.

In via Toledo, alla stessa altezza di via Pasquale Scura e all’angolo con il monumentale Palazzo Maddaloni, c’è un’epigrafe che ricorda Raffaele Conforti come colui che ebbe una parte importante nel Plebiscito del 21 Ottobre 1860. Già Ministro dell'Interno nel governo del Regno delle Due Sicilie, appoggiò i moti insurrezionali del ’48 e fu condannato a morte. Fuggì a Torino dove divenne deputato del locale Parlamento. Il Re Francesco II gli concesse l’amnistia, Conforti tornò a Napoli e, invece di esprimere gratitudine, si schierò dalla parte di Garibaldi e organizzò il suddetto Plebiscito, riferendo poi il risultato a Vittorio Emanuele II di Savoia. Naturalmente anche Raffaele Conforti ha la sua via: collega corso Umberto I a corso Garibaldi, mai pessima intitolazione fu più azzeccata nell'ubicazione.

Ricapitolando: Raffaele Conforti organizzò la votazione truccata, Pasquale Scura elaborò il quesito da stampare sulle schede e scrisse il verbale conclusivo, infine ancora Raffaele Conforti comunicò al Re Savoia il risultato. Due esempi di slealtà verso il loro Paese, dal quale avevano ricevuto posizioni di prestigio e amnistia.

Il referendum di Raffaele Conforti e Pasquale Scura fu un imbroglio posto in essere per giustificare agli occhi delle potenze europee la nascita forzata del nuovo stato, nato da un’invasione ed occupazione militare. Di quell’imbroglio, sovente spacciato per espressione della volontà popolare, noi duosiciliani ancora stiamo pagando il conto.
Quando guarderete quelle due epigrafi, ricordate: attenti a quei due!

Un'interessante rappresentazione di quell’evento la offrì la rivista settimanale francese, con sede a Parigi, "L’Illustration, journal universel". Fu pubblicata dal 1843 (il primo numero uscì il 4 marzo) al 1944 e, successivamente, dal 1945 al 1955 (però con il nome di "France Illustration"). Totalizzò oltre cinquemila numeri con un totale di circa 180.000 pagine. Una delle caratteristiche di questa rivista era il ricco apparato iconografico, che coinvolgeva i migliori disegnatori ed incisori. Ciò contribuiva a sottolinearne la politica editoriale: non accontentarsi delle agenzie di stampa, ma inviare corrispondenti o chiedere la collaborazione dei lettori per avere, grazie agli articoli e alle illustrazioni, una rappresentazione diretta del fatto, il più neutrale possibile. L’Illustration, tra l’altro, si ritiene che abbia il record di aver pubblicato per la prima volta in Francia una vera fotografia giornalistica in bianco e nero (1891).
Bene, il 10 novembre 1860, esce il numero 924 della rivista la quale, a pagina 324, dedica due immagini ad un evento che pochi giorni prima si era consumato a Napoli (21 ottobre): il plebiscito per l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna. Una mostra gli elettori che si recano al voto, l’altra mostra il seggio allestito all’interno dell’Università (in quell'ampio salone utilizzato ha oggi sede il Museo Mineralogico, come mostrato nella foto in alto). Si vede chiaramente qual era il meccanismo di voto: c’erano due contenitori, uno con la scritta SI e l’altro con la scritta NO. L’elettore doveva prelevare la propria scheda da uno dei due, sotto gli occhi vigili degli sgherri e quelli spaventati o compiacenti di tutti i convenuti. Da notare anche alcuni dettagli, come la scritta "Viva l'unità d'Italia" (dentro al seggio!) e alle pareti le iniziali VE (Vittorio Emanuele) e GG (Giuseppe Garibaldi).
Le regole per lo svolgimento del plebiscito erano state fissate l'8 ottobre 1860 con un decreto a firma del pro-dittatore Giorgio Pallavicino: “Si troveranno nei luoghi, destinati alla votazione, su di un apposito banco tre urne, una vuota nel mezzo, e due laterali, in una delle quali saranno preparati i bullettini col sì, e nell’altra quelli del no, perchè ciascun votante prenda quello che gli aggrada e lo deponga nell’urna vuota.” (art. 4). Il risultato sarebbe poi stato pubblicamente annunziato in piazza (art. 7).
E, a proposito del risultato, il 15 ottobre 1860 - sei giorni prima del plebiscito - un decreto di Garibaldi praticamente ne anticipò il contenuto. L’imbroglio era talmente sfacciato e grossolano che, in calce al decreto pubblicato il giorno 17, fu persino stampata una nota la quale precisava che il plebiscito si sarebbe fatto ugualmente.
Insomma una farsa senza alcuna garanzia per la libera espressione del voto, con trucchi, minacce e brogli, similmente alle consultazioni elettorali che oggi condanniamo in tutto il mondo.

2 commenti:

  1. Non sapevo che avessi un blog thoy. Da oggi lo seguirò. Un saluto PS La mia mail non è salvo etc. ma nerone1948@gmail.com

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    1. Ciao Salvatore, scusa: ho letto solo oggi il tuo commento!
      Grazie per la tua attenzione e un caro saluto.

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